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È dal Panopticon di Jeremy Bentham che il rovesciamento può e forse deve iniziare. Nelle sue pagine c’è la previsione e anzi la visione utopica di un mondo reso sicuro e ordinato dalla sorveglianza: dagli occhi dei pochi che scrutano i molti. Eppure, a leggerlo davvero, questo libretto più evocato che studiato, ci si trova un’implicita conferma che al potere convenga ancor più la strategia opposta, che si affida per il consenso agli occhi dei molti che guardano i pochi, impauriti e affascinati, stupiti e reverenti. Questo, appunto, è necessario che facciano i sorvegliati, per essere davvero “sorvegliati”, nell’architettura benthamiana del dominio.
Ancora nel Panopticon, inaspettato, si trova il progetto dello spettatore totale: un uomo o una donna il cui sguardo sia catturato da una messa in scena capillare e quotidiana, che si presenta come ovvia ed evidente. Ai guardiani e ai loro familiari, infatti, sono imposte immagini continue di uno spettacolo orrido e altrettanto continuo (l’illibertà e la sofferenza di chi sta chiuso nelle celle), che arriva ai loro occhi attraverso ingegnose persiane “cieche”. E così tutti insieme, ma ognuno in solitudine e interamente assorto in quello che vede, possono scrutare i prigionieri senza esserne scrutati, come appunto devono nell’economia dell’obbedienza. D’altra parte, non solo possono e devono, ma proprio vogliono farlo. Infatti, commenta Bentham soddisfatto, quello che hanno davanti agli occhi – l’illibertà e la sofferenza dei prigionieri – è tanto vario e divertente, che spontaneamente si perdono in esso per occupare il tempo e per riempire le loro storie di vita. Insomma, il Panopticon non produce solo obbedienza nei sorvegliati, ma anche un orientarsi continuo dei sorveglianti verso la “macchina di immagini”, verso quelle persiane cieche che sembrano farne dei telespettatori ante litteram.
Ma è proprio solo questo il senso politico dell’occhio, del nostro guardare ed essere guardati? Davvero il nostro “starci di fronte” è tutto dominato da quel che è, dal dato di una sorveglianza occhiuta (panottica) che si incontra con una quotidiana propensione (sinottica) a consegnarci alla messa in scena, a farcene imporre legittimità, autorità, giustizia? Qui soprattutto è possibile e necessario un controcampo, un rovesciamento di sguardo che ci affranchi da antichi e nuovi cinismi, politici o religiosi, e ci restituisca signoria sulle nostre storie di vita.
(da R. Escobar, La libertà negli occhi, Bologna, il Mulino, 2006, pp. 11-12)*
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.