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L’ordinamento dell’Unione europea, nel suo assetto attuale, rappresenta il frutto della combinazione di due fattori. Il primo di essi è il patto originariamente stretto, mediante i trattati istitutivi, dai sei Stati fondatori e poi allargato agli altri Stati membri con i trattati di adesione. Questo primo fondamento ha indubbiamente la sua base nel diritto internazionale, a norma del quale sono stati stipulati i trattati che attualmente regolano l’Unione, e pertanto non comporta una piena sovranità di essa, potendosi tutt’al più parlare di un trasferimento parziale di diritti sovrani (…).
Il secondo fondamento è rappresentato dal riconoscimento delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri come principi generali del diritto comunitario, che è stato effettuato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia indipendentemente da una specifica base internazionalistica ed ha dato così ai principi non scritti che sono riconducibili a tali tradizioni un ruolo paragonabile a quello che è proprio dei principi e delle regole che costituiscono la costituzione di un paese a costituzione non scritta (…).
Questa ricostruzione consente di avanzare l’ipotesi secondo la quale, se di costituzione europea si può parlare già oggi, nel senso specifico che la nozione di costituzione è venuta assumendo in questi ultimi due secoli, è più propriamente con riferimento alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri che si può farlo correttamente, configurando la costituzione dell’Unione attualmente vigente come una costituzione non scritta nella quale vengono in vario modo a inglobarsi alcuni testi preesistenti al momento della formazione delle istituzioni comunitarie e alcuni testi successivi, risultanti sia da norme dei trattati, sia da documenti di vario genere, come la stessa Carta dei diritti (anche indipendentemente dal fatto che ad essa sia esplicitamente attribuito un rango determinato), i quali esercitano essenzialmente una funzione interpretativa delle norme costituzionali non scritte. I principi e le regole che derivano dalle tradizioni costituzionali comuni, come si è visto, non sono norme pattizie, bensì principi e regole prodotte da una fonte giurisprudenziale ai quali gli organi dell’Unione europea (la Corte di giustizia, ma poi anche gli altri ed anche gli stati membri e i cittadini dell’Unione) riconoscono forza normativa e forza di higher law.
Anche con riferimento a una costituzione di questo tipo si dovrebbe poi naturalmente valutare, come avviene nel caso della Costituzione inglese, l’ammissibilità di «convenzioni» della costituzione che in vario modo la integrino o la interpretino. Come per ogni altra costituzione, si dovrebbe precisare inoltre la sua collocazione nel sistema delle fonti operanti nell’ambito dell’ordinamento comunitario e, in base ai criteri generali che regolano i rapporti fra gli ordinamenti giuridici, valutare come si atteggino i rapporti di essa con le fonti proprie degli ordinamenti degli Stati membri e con quelle proprie degli altri ordinamenti con i quali l’ordinamento europeo mantiene speciali forme di collegamento.
Dal primo punto di vista, si verrebbe cosi a delineare un sistema delle fonti comunitarie avente la sua base nelle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, espressione autonoma della sovranità dell’Unione europea, e sviluppato via via, nelle disposizioni dei trattati, in quelle degli atti normativi comunitari, nella giurisprudenza comunitaria e nazionale, ecc. Dal secondo punto di vista, si dovrebbe cosi precisare il rapporto che si stabilisce fra l’ordinamento dell’Unione europea e quelli degli Stati membri, quelli degli enti pubblici territoriali o non territoriali operanti nell’ambito dell’Unione e con gli ordinamenti privati di vario genere che stabiliscono rapporti con essa, oltre ovviamente che con l’ordinamento della Comunità internazionale, con quelli delle organizzazioni internazionali e con quelli degli Stati non appartenenti all’Unione.
(da A. Pizzorusso, Il patrimonio costituzionale europeo, Bologna, il Mulino, 2002, pp. 180-184)*
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