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Nel mondo contemporaneo la democrazia è un valore assoluto ed è identificata con la supremazia della maggioranza dei votanti. Senza riflettere e senza discussioni, si giudica sovrana la «volontà del popolo» ed è considerata una critica efficace e distruttiva quella di chi stigmatizza il mancato rispetto per tale volontà. Sarebbe un sacrilegio suggerire che il rispetto va meritato e che, se la scelta popolare privilegia politiche e governi indecenti, non merita nulla di buono. È allora importante osservare che, nella storia, i due più illustri esempi di democrazia sono stati realizzati nell’antica Grecia e negli Stati Uniti d’America. Ma la democrazia ateniese è oggetto di severe critiche da parte dei migliori ingegni del tempo, fra cui Platone e Aristotele, e la democrazia americana è tale solo nella versione semplificata e scorretta che circola fra chi la conosce per sentito dire. In realtà si trattava, nelle intenzioni dei Padri Fondatori, di un sistema misto: una monarchia elettiva realizzata con il cruciale contributo dell’elemento aristocratico costituito dal collegio elettorale, cui oggi è di fatto subentrato il potere oligarchico degli interessi economici che finanziano le campagne elettorali. Di qui potrebbe partire un discorso antidemocratico, che però è da rifiutare nettamente. Occorre invece notare che il voto popolare è solo metà di un’autentica democrazia: senza un’adeguata educazione che apra le menti dei cittadini al confronto intellettuale e morale con i propri valori, il risultato di un appello alla maggioranza sarà inevitabilmente mediocre e scalcinato. Peggio ancora, sarà a sua volta antidemocratico: contrario agli interessi di quegli stessi elettori.