Siccome vivere è risolvere problemi e siccome la soluzione dei problemi richiede proposte molteplici di soluzione e critiche severe, è allora chiaro che, data la nostra fallibilità e la nostra ignoranza, se vogliamo davvero risolvere al meglio i nostri problemi, gli altri devono essere liberi di avanzare le loro proposte e fare le loro critiche. Né ci può essere una conoscenza di quella che dovrebbe essere la società perfetta. In breve: la non fondabilità razionale dei nostri valori ultimi e la fallibilità della conoscenza umana – e la dispersione di questa conoscenza tra milioni e milioni di uomini – sono le due chiavi che aprono la società: la aprono a più valori, a più visioni del mondo filosofiche o religiose, a più proposte politiche, e quindi a più partiti, alle critiche più severe dei diversi punti di vista e delle differenti proposte. È questa la società aperta. La società aperta è chiusa solo agli intolleranti […]. La società chiusa è chiusa dalla pretesa di essere possessori di verità ultime, totali e razionali, magari incontrovertibili, e portatori di valori assoluti razionalmente dimostrati e comunque da imporre agli altri. E ciò mentre i due pilastri su cui si erge la società aperta sono la fallibilità della conoscenza umana e l’inderivabilità logica delle norme dai fatti (e quindi: il politeismo dei valori).
(da D. Antiseri, Trattato di metodologia delle scienze sociali, Torino, Utet, 2007, pp. 492-494)*
Riferimenti Bibliografici
- H. Kelsen, La democrazia, Bologna, il Mulino, 1981;- R. Nozick, Anarchia, stato e utopia, Firenze, Le Monnier, 1981;*
- K. Popper, La società aperta e i suoi nemici, Roma, Armando, 1973;*
- M. Weber, Il lavoro intellettuale come professione, Torino, Einaudi, 1967.*
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