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Nel sistema dei vizi, la lussuria è, insieme alla gola, un vizio carnale cioè un vizio che, come spiega il monaco Giovanni Cassiano, spesso nasce solo per istigazione e prurito della carne e che non si consuma se non attraverso un atto del corpo. Un vizio del corpo, dunque, che papa Gregorio Magno può descrivere con il linguaggio dell’anatomia e della fisiologia, come un’eccitazione degli organi genitali provocata da una pressione del ventre gonfio a causa dell’eccesso di cibo. Nella tradizione medievale la lussuria resta saldamente iscritta nello spazio corporeo in cui i padri fondatori del settenario dei vizi l’hanno collocata divenendo l’emblema di una “naturale” peccaminosità dei corpi umani. Tuttavia nella lotta secolare che prima i monaci e poi tutti i fedeli hanno condotto contro questo vizio carnale, lotta nella quale il corpo da luogo del peccato diventa anche, attraverso la mortificazione e l’ascesi, lo strumento principale per sconfiggere il peccato, il corpo viene assolto da ogni imputazione rivelandosi come lo scenario innocente di una battaglia tra il bene e il male che certo si svolge all’esterno ma che si decide tutta nell’interno dei cuori. In questo processo giocano un ruolo fondamentale la riflessione sulle due coppie, analoghe ma non coincidenti, di anima e corpo da un lato e spirito e carne dall’altro, e la concezione del peccato come atto della volontà che era già di Agostino ma che si impone nella teologia a partire dal secolo XII.
Riferimenti Bibliografici
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