Un esempio di giustizia restauratrice ci è dato dalla "Commissione per la verità e la riconciliazione" istituita in Sudafrica nel 1995 con il compito di spezzare la spirale di odio e violenza generati dalla politica dell’apartheid e aprire così la strada della convivenza pacifica a un paese dilacerato. […] Secondo la legge istitutiva della Commissione, il riconoscimento pieno delle responsabilità e delle colpe dei criminali dava luogo all’applicazione dell’amnistia, cui seguivano misure di riparazione a favore delle vittime di cui doveva farsi carico il governo. Il riconoscimento di responsabilità avveniva spontaneamente e pubblicamente di fronte alla Commissione, e ciò costituiva un alleggerimento, al tempo stesso, della coscienza dei criminali e della pena della vittima. Il conseguente esonero da sanzioni, sia penali sia civili, non comportava oblio e rimozione, com’è invece secondo la nostra nozione di amnistia, ma, al contrario, memoria ed elaborazione del male commesso e subito. Le misure di riparazione erano assunte dallo stato, cioè dalla collettività, interessata alla pacificazione. Non si trattava propriamente di risarcimento del danno, poiché non vi è denaro che possa ripagare il dolore […]. L’effetto cui mirava in tal modo la Commissione era quello di una catarsi sociale. Pur non richiedendo il perdono individuale da parte delle vittime, è chiaro che questo tipo di giustizia comporta una generale disponibilità al perdono, in nome di qualcosa di più elevato del sentimento di vendetta – cioè in nome della concordia. Altrimenti le vittime, private della condanna dei loro carnefici, si sarebbero potute ritenere vittime di una seconda ingiustizia. Il miracolo sudafricano – peraltro incompiuto, dati gli enormi problemi di giustizia sociale che permangono – è qui: quella disponibilità si è manifestata; ha reso possibile la pacificazione e ha evitato il bagno di sangue; ha pacificato gli animi, una volta che le colpe sono state riconosciute. A differenza di altri tentativi falliti di superare le fratture sociali attraverso strumenti analoghi, in Sudafrica verità, giustizia e pace, le tre cose che reggono il mondo, sono state rese possibili dallo spirito del perdono e in una misura che ha almeno evitato ulteriori, più gravi violenze e ingiustizie.
(C.M. Martini, G. Zagrebelsky, La domanda di giustizia, Torino, Einaudi, 2003, pp. 30, 36, 38-40).*
Riferimenti Bibliografici
- P. Bovati, Ristabilire la giustizia, Roma, Pontificio Istituto Biblico, 1997;*
- M. Flores (a cura di), Verità senza vendetta, Roma, manifestolibri, 1999;
- D. Tutu, Non c'è futuro senza perdono, Milano, Feltrinelli, 1999.
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