Apocalittica, politica e peccato nella Riforma protestante

  • Mario Miegge

    Professore emerito di Filosofia teoretica - Università di Ferrara

  • martedì 05 Dicembre 2006 - 17.30
Centro Studi Religiosi

Negli anni che precedono l’inizio del conflitto ecclesiastico, il monaco e magister  agostiniano  Martin  Lutero ha riscoperto nelle Scritture – e principalmente nelle Lettere dell’apostolo Paolo – una figura unitaria e altamente drammatica del peccato. Esso irrompe e si manifesta soltanto “di fronte a Dio”: non già negli strati bassi della  malvagità umana bensì al vertice della vita spirituale. Intento a cercare salvezza, l’uomo si affida alle condotte devozionali, alla “santità delle opere”. Pertanto l’Evangelo, che annunzia il giudizio e nello stesso tempo la incondizionata grazia divina, è occultato e sostituito dalla cura ansiosa di sé: l’uomo  religioso vuole mettersi al posto di Dio.
All’incirca tre secoli più tardi, una figura analoga si ripresenta nelle vesti laiche della filosofia dei Lumi. Nello scritto La religione entro i limiti della sola ragione (1793) Immanuel Kant si interroga sul “male radicale” e lo qualifica come volontaria “inversione” dei moventi dell’agire morale. L’adesione alla Legge morale e la sua pratica scrupolosa si capovolgono in strumento della auto-giustificazione e della esaltazione di noi stessi. Nella storia del pensiero protestante, dunque, la rappresentazione “verticale” del peccato ha lunga durata: da Lutero a Kant, a Kierkegaard e a Karl Barth. Il testo basilare è costantemente la Lettera ai Romani di Paolo.
In qual senso e in quali situazioni la diagnosi del peccato assume connotazioni “apocalittiche”? Senza riferirsi necessariamente agli eventi ultimi, il termine indica una rivelazione che smaschera le apparenze e, più precisamente, denuncia il “mistero dell’iniquità”, per cui ciò che era inizialmente (e tuttora appare) “ottimo” si capovolge in “pessimo”. Questo smascheramento non concerne soltanto la falsa coscienza dell’uomo religioso ma anche le istituzioni umane in cui il peccato assume dimensione collettiva e storica. Nel testo paolinico (II Thess., 2, 3-7) “l’uomo iniquo” viene a “sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio”. Nella Replica ad Ambrogio Catarino (1521) Lutero precisa, in primo luogo, che la figura dell’Anticristo non  designa una persona singola (monarca o papa) ma piuttosto “l’insieme e il caos degli uomini empi e tutta una successione di regnanti”. In secondo luogo, l’Anticristo non è un nemico esterno (come “il Turco”) ma un potere interno alla cristianità, ammantato di “apparenze sacre”.
Lutero ha posto il “mistero dell’iniquità” al vertice della Chiesa del suo tempo (la Corte papale di Roma) ma si è ben guardato dal trasferire le figure dell’Anticristo sul piano politico. Questo passaggio è avvenuto nel corso delle guerre di religione e poi nelle rivoluzioni di Scozia e d’Inghilterra (1640-1660), delle quali furono protagonisti i gruppi “militanti” del protestantesimo, per lo più di ascendenza calvinista.
Calvino, per parte sua, non era affatto un rivoluzionario e neppure un cultore dell’Apocalisse. Ma nel suo commento alla profezia di Daniele 2 (che narra il sogno del re di Babilonia) il riformatore di Ginevra ha scritto: “Se i re esercitassero il loro ufficio giustamente, è certo che il regno di Cristo non sarebbe contrario al loro potere. Per quale ragione, dunque, Cristo percuote i re con ferreo scettro e li dirompe e distrugge e annienta? Sicuramente perché è indomabile la loro superbia, e innalzano la testa sopra i cieli e vorrebbero (se fosse possibile) trarre Dio giù dal suo trono.” Ancora una volta: optima-pessima.

Riferimenti Bibliografici

- P. Adamo, La città degli idoli. Politica e religione in Inghilterra (1524-1572), Milano, Unicopli, 1998; - G. Calvino, Istituzione della religione cristiana, 2 voll., a cura di G. Tourn, Torino, Utet, 1971;*
- C. Hill, L'Anticristo nel Seicento inglese, Milano, Il Saggiatore, 1990;* - I. Kant, La religione entro i limiti della sola ragione, Roma, Laterza, 1993;* - R. Koselleck, Futuro passato. Per una semantica dei tempi storici, Genova, Marietti, 1986;*
- M. Lutero, L'Anticristo. Replica ad Ambrogio Catarino, Torino, Claudiana, 1989;* - M. Lutero, Scritti politici, Torino, Utet, 1959;* - F. Melantone, Scritti religiosi e politici, a cura di A. Agnoletto, Torino, Claudiana, 1981; - T. Müntzer, Scritti politici, a cura di E. Campi, Torino, Claudiana, 1972.*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

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