All’interno del cristianesimo il peccato, benché frutto di un comportamento individuale, ha un’inevitabile dimensione sociale e ciò influenza le modalità della sua espiazione. Nella determinazione della relativa penitenza si accentua il ruolo istituzionale del clero, dal momento in cui si determina una contrapposizione fra antropologia della colpa e teologia del peccato. Nell’ambito di una trasformazione che ha il suo apice fra XI e XIII secolo, la funzione del sacerdote non viene più indicata facendo ricorso a una metafora medicinale («Corrector sive medicus»), bensì alla pregnante definizione del confessore quale «Iudex animarum in foro poenitentiali». Il carattere giuridico conferito al sacramento comporta un’accentuarsi della problematica giurisdizionale: l’istituzione ecclesiastica rivendica da un lato l’individuazione di una sfera di comportamenti sottoposti al suo esclusivo giudizio, dall’altro l’applicazione delle sanzioni da essa comminate. In altri termini, la penitenza intesa come espiazione della colpa vede notevolmente ridotta la propria dimensione pubblica, mentre se ne accresce la portata sociale di orientamento delle coscienze. Alla fine del Medioevo l’istituzione ecclesiastica rivendica una competenza esclusiva nella determinazione delle colpe e, qualora sorga il problema di valutare se un determinato comportamento ne integri una, richiede di «deponere conscientiam», vale a dire di rimettersi al suo esclusivo giudizio.
Riferimenti Bibliografici
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.