A partire da una critica alle teorie della comunicazione che soprattutto negli ultimi cinquant'anni hanno spiegato i media unicamente dal loro interno, con un discorso strutturalista e semiotico, Franco La Cecla vuole cogliere le motivazioni profonde dei media a partire dall'umano. Si tratta di un progetto di "umanazione dei media", al fine di considerarli come una risposta a desideri profondamente umani, e in particolare non tanto al bisogno di comunicare, come sostenuto da sociologi della comunicazione come McLuhan e Goffman, quanto al desiderio proprio dell'essere umano di riuscire ad avere a che fare con la presenza del mondo e con la presenza degli altri il più possibile, anche se in maniera mediata.
In effetti il telefono, la radio, il cinema, la televisione postulano una fede piuttosto singolare: che dall'altra parte del ricevitore o dello schermo ci sia "qualcuno", della cui presenza non si può dubitare, anche se egli non è effettivamente presente in carne e ossa. La televisione, ad esempio, come ha scritto lo studioso cecoslovacco ebreo Flusser, è nata come sostituto della "finestra" di casa, da cui prima la gente guardava il mondo, e ha così fornito all'individuo la garanzia di non essere scollegato, di aver un accesso anche minimo alla realtà.
In questo senso i media coprono una funzione essenziale per l'uomo: quella di mantenere il rapporto con la realtà, costituendosi come dei "surrogati di presenza", nel senso che non danno il mondo e nemmeno compagnia: ma una promessa di compagnia e una conferma della presenza degli altri. Con le nuove tecnologie telematiche, poi, questa possibilità si è notevolmente ampliata, divenendo onnipresenza. La rete non è, infatti, nient'altro che la promessa del fatto che ogni individuo può essere presente dappertutto e che tutto il mondo può essere presente a tutti.
I media, dunque, ricordano agli uomini che il mondo non è soltanto qualcosa di oggettivo là fuori, che serve da cornice alla vita umana, ma è una presenza che produce cambiamenti in chi li utilizza. Un aspetto dei media che Franco La Cecla definisce "animistico", ma che è stato fino ad ora poco esplorato: eppure è proprio dalla storia di questa fede e di queste "presenze" che dovrebbe aver inizio una storia dei media.