Sulla scorta di Luce Irigaray, Luisa Muraro propone di leggere il mito della caverna di Platone, come la vicenda del venire al mondo e in particolare la caverna come metafora dell'utero, "regno della generazione". Più che suggerire una nuova interpretazione del mito platonico, tale lettura invita a concepire l'agire politico non nel senso della realizzazione di un ideale ma di un ritorno e di una ripresa comune dell'esperienza della nascita, tenendo presente sullo sfondo la relazione materna, che è quella che definisce la condizione stessa degli uomini: "tutti nati di donna".
In questa direzione, Luisa Muraro interpreta anche il pensiero ragionante, prendendo le distanze dall'interpretazione tradizionale della filosofia, che lo vede come risultato di una emancipazione da ogni forma di dipendenza, come passaggio dall'infanzia all'età adulta. Se questo modello di pensiero consente di raggiungere una modalità di relazione con gli altri improntata alla parità e alla reciprocità., ci separa però da quel livello mentale che è sensibile al grido della vita, come può esserlo l'orecchio di una madre anche nel colmo della notte.
Solo riprendendo il contatto con la feconda asimmetria propria della relazione materna e con tutto quello che è l'esperienza del venire al mondo, è invece possibile acquistare un pensiero attento alla complessità delle dimensioni della vita. In questa direzione vanno anche alcuni recenti studi nell'ambito della psicoanalisi, che invitano a intendere pensiero ed esperienza fra loro legati come presenza e rappresentazione, mediazione e immediato, in un circolo di reciproco incremento al quale partecipano i sentimenti non meno delle parole, il sonno non meno della veglia, i corpi non meno delle idee. Da ciò possiamo ricavare anche l'idea di una politica che non sia una pura gestione del potere e che si sviluppi invece come pratica relazionale, com'è stato alla nascita per ciascuno, nel contatto con le esigenze della vita, nella consapevolezza della dipendenza e della gratitudine che ci lega agli altri. Luisa Muraro, dunque, pensa ad una politica, che non sia tecnica e amministrativa, che non sia ispirata da una ragione che non si lascia riscaldare dalle emozioni e dai sentimenti propri della condizione umana, con il rischio di diventare cieca e crudele, come storicamente esemplificato da fatti storici quali il Terrore o il regime di Pol Pot in Cambogia.