Genealogia del confine

Spazio geografico e spazio politico nella cultura europea

  • venerdì 10 Ottobre 2003 - 17.30
Centro Culturale

Jacob Burckhardt, per cui lo Stato era “un’opera d’arte”, aveva molta più ragione di quanto egli stesso credesse: lo Stato moderno territoriale centralizzato – per riprendere la celebre definizione di Carl Schmitt – è il frutto dell’applicazione del codice prospettico, dunque la proiezione sulla faccia della Terra del modello dell’estensione geometrica euclidea, fondato sulla continuità, l’omogeneità e l’isotropismo esattamente come in epoca moderna il territorio statale tenderà ad es-sere. Di qui la necessità del confine geometrico, unico garante della riduzione dell’organismo statale allo schema della geometria classica e, proprio in virtù di tale funzione, origine di ogni comportamento politico e morale. Proprio in tale relazione è da vedersi lo specifico della cultura occidentale, soprattutto da quando, tra VII e VI secolo prima di Cristo, Anassimandro trasformò il confine nel limite. E proprio nell’attuale crisi di tale relazione è da individuarsi la matrice di tutto quello che, in mancanza di una migliore espressione, continuiamo a chiamare postmodernità.

Riferimenti Bibliografici


- Z. Bauman, Le sfide dell’etica, Milano, 1996;*
- F. Cassano, Il pensiero meridiano, Roma-Bari, 1996;*
- C. Deschamps (éd.), Frontières et limites. Géopolitique, litterature, philosophie, Paris, 1991;
- M. Petricioli e V. Collina (a cura di), I confini nel XX secolo, Milano, 2000;*
- S. Tagliagambe, Epistemologia del confine, Milano, 1997;*
- P. Zanini, Significati del confine, Milano, 1997.*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.

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