Tra il 1820 e il 1822 Goya, recluso nella Quinta del Sordo, realizza la serie delle cosiddette pinturas negras. Sui muri del salone della sua casa, originariamente decorati con brillanti paesaggi all’italiana, Goya distrugge quello che ai suoi occhi poteva apparire come l’ultimo residuo di felicità, per dar vita a una delle più drammatiche rappresentazioni dell’arte moderna. Alla base di questo lavoro si trova il fascino che provò in occasione del suo viaggio in Italia nel 1770, del suo incontro con la pittura veneziana e in particolare con Tiepolo, incontro che lascerà il segno nei colori dei cartoni per arazzi e nei grandi cicli degli anni successivi. Un lungo viaggio nel quale i cieli di Tiepolo si copriranno di ombre, di figure inquietanti, di ritratti malinconici. È a questo punto che si collocano gli affreschi di Sant’Antonio de la Florida, nei quali la pittura si dissolve fino a suggerire le prime pennellate dell’Impressionismo – oppure anche la luce de Le fucilazioni del 3 maggio, che in qualche modo anticipano tutta la pittura dell’Ottocento, come osserverà Manet. E finalmente queste pinturas negras, che cancellano un modo di vedere, sostituendo l’ideale rappresentativo del Settecento per aprire le porte ai fantasmi che Goya evoca tramite questo ultimo rituale di “verità e morte” sui disastri della sua epoca. Una verità che lo accompagnerà nel suo esilio e nel suo silenzio, rotto appena dalla luce delle sue opere di Bordeaux.
Riferimenti Bibliografici
- AA.VV., Goya, Madrid, 2002;
- V. Bozal, Goya y el gusto moderno, Madrid, 1994;
- V. Bozal, Il gusto, Bologna, 1996;*
- V. Bozal, Goya, pinturas negras, Madrid, 1997;
- N. Glendinning, Goya and his Critics, New Haven, 1977;
- E. Helman, Trasmundo de Goya, Madrid, 1963;
- J. Ortega y Gasset, Papeles sobre Velàzquez y Goya, Madrid, 1950;
- F. Nordstrom, Goya, Saturn and Melancholy, Uppsala, 1962.
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