L’invito che Giovanni Paolo II ha rivolto alla Chiesa a riconoscere le colpe del proprio passato, come pure l’esempio da lui stesso dato in vista di una “purificazione della memoria”, che consenta al popolo di Dio di rinnovarsi in maniera credibile nel presente, hanno un indiscutibile carattere di novità. La novità dell’appello e della prassi di Giovanni Paolo II pone l’interrogativo sul perché sia stato proprio lui a farsi promotore di un simile cammino di “purificazione della memoria”. La ricerca di una risposta non potrà non tener conto di almeno tre importanti elementi: in primo luogo, il contesto storico-culturale della fine del Novecento; quindi, il carattere marcatamente mistico della fede di Karol Wojtyla; infine, il suo essere stato testimone diretto delle tragedie prodotte dai totalitarismi ideologici.
Il dialogo ecumenico in ambito cristiano e la crisi delle ideologie e dei sistemi di potere che ad esse si ispiravano, ha creato un nuovo spazio, libero per l’interrogazione dei credenti della misura della loro fedeltà a Dio ed alle Sue esigenze. In rapporto alla Verità ci si scopre chiamati alla testimonianza e all’umile obbedienza, più che alla difesa e alla contrapposizione ad altri. In particolare, questo richiamo è avvertito da chi, come Giovanni Paolo II, ha fortissimo il senso del primato di Dio sulla vita e sulla storia. La dimensione mistica della sua esperienza cristiana traspare nell’intero magistero della parola e della vita di questo Papa. L’urgenza di obbedire a Dio e di piacere a Lui solo è in lui palesemente superiore a ogni calcolo mondano, perfino a ogni misura prudenziale: qui sta la forza di irradiazione che questo Pontefice esercita nei confronti di un mondo che così diffusamente sembra aver perso la passione per la Verità.
Al di là della considerazione degli effetti, la vera domanda da porsi è però se e in che misura questo comportamento è giustificato dalla Parola di Dio e dalla fede della Chiesa: si tratta in altri termini di preoccuparsi della fondatezza e autenticità degli atti da compiere, più che dei loro risultati in termini storico-mondani. È quanto ha inteso fare la Commissione Teologica Internazionale, studiando la questione della “purificazione della memoria” nei suoi presupposti biblici, teologici, ermeneutici e morali, e nelle sue possibili ricadute pastorali, al fine di evitare ogni rischio di retorica o di autoflagellazione, in un comportamento dalle altissime esigenze evangeliche e dalle profonde, possibili conseguenze per il rinnovamento dell’intera comunità ecclesiale.
Riferimenti Bibliografici
- Commissione Teologica Internazionale, Memoria e Riconciliazione; Misericordia sempre, a cura di S. Chialà e L. Cremaschi, Bose, 1998;
- G. Cottier, Memoria e pentimento. Il rapporto fra Chiesa santa e cristiani peccatori, Cinisello Balsamo, 2000;
- K. Delahaye, La Comunità, Madre dei credenti, Bari, 1974.
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