Che l’idea di individuo sia indissociabile da quella di Modernità è un assunto universalmente condiviso. La conquista di un’inedita dignità, autonomia, libertà, dovuta alla fine delle gerarchie sociali, all’erosione dei fondamenti teologico-metafisici, alla “perdita dell’ordine”, è il dato indiscutibile che definisce la nascita stessa dell’individuo moderno: libero di trovare in se stesso i propri fondamenti, di costruire razionalmente il proprio programma di vita, di porre in atto, come dice Blumenberg, la propria autoaffermazione.
Ciò che tuttavia la riflessione contemporanea tende a trascurare è che si tratta di un processo ambivalente, in cui non c’è solo conquista ma anche perdita, non c’è solo acquisizione della propria sovranità, ma anche lo smarrimento e la debolezza dati dal proprio sradicamento: non solo perchè la realtà esterna si presenta improvvisamente illimitata, aperta alla vertigine del futuro, ma anche perchè l’individuo è solo di fronte al caos della propria realtà interna, del proprio mondo emotivo che diventa libero di esprimersi. Le passioni ricevono una nuova legittimità, che rende obsolete le soluzioni morali della tradizione stoica o cristiana (basti pensare a Spinoza), e si presentano allo stesso tempo come il problema prioritario da risolvere per la ricostruzione di un ordine, sociale e politico, liberamente scelto.
Questa ambivalenza tra carenza e autoaffermazione, tra debolezza e illimitata potenzialità si riflette in quelle che potremmo definire le due grandi configurazioni emotive della Modernità: la (da Hobbes alla Political Economy al Franklin weberiano), e la passione dell’Io (Montaigne, Rousseau, Tocqueville). L’individuo moderno si struttura attraverso le risposte che di volta in volta riesce a dare a questi due impulsi fondamentali. Ma mentre la passione acquisitiva produce conflitto e riesce a sfociare in un nuovo ordine sociale, la passione dell’Io, che nasce come ricerca di autenticità, si rovescia – come vediamo a partire da Tocqueville fino alle contemporanee riflessioni sul narcisismo – in una sorta di assenza di passione, che al conflitto sostituisce estraneità e indifferenza e genera l’indebolimento del legame sociale.
Riferimenti Bibliografici
- R. Bellah (a cura di), Le abitudini del cuore. Individualismo e impegno nella società complessa, Roma, Armando, 1996;*
- H. Blumenberg, La legittimità dell'età moderna, Genova, Marietti, 1992;*
- L. Dumont, Homo aequalis. Genesi e trionfo dell'ideologia economica, Milano, Adelphi, 1984;*
- A.O. Hirschmann, Le passioni e gli interessi, Milano, Feltrinelli, 1979;*
- Th. Hobbes, Leviatano, Torino, Utet, 1965;*
- Ch. Lasch, La cultura del narcisismo, Milano, Bompiani, 1981;*
- G. Lipovetski, L'ère du vide. Essai sur l'individualisme contemporain, Paris, Gallimard, 1983-93;
- Montaigne, Saggi, Milano, Adelphi, 1992, 2 voll.;*
- E. Pulcini, La passione del Moderno: l'amore di sé, in S. Vegetti Finzi (a cura di), Storia delle passioni, Roma-Bari, Laterza, 1995;*
- E. Pulcini, Tra Prometeo e Narciso. Le ambivalenze dell'identità moderna, in F. Cerutti (a cura di), Identità e politica, Roma-Bari, Laterza, 1996;*
- E. Pulcini, Souveraineté et manque de l'individu moderne, in «Cahiers du Grif», Paris, 1996;
- J.J. Rousseau, Discorso sull'origine dell'ineguaglianza, in Scritti politici, Torino, Utet, 1970;*
- Ch. Taylor, Radici dell'Io, Milano, Feltrinelli, 1993;*
- Ch. Taylor, Il disagio della Modernità, Roma-Bari, Laterza, 1994;*
- A. De Tocqueville, La democrazia in America, in Scritti politici, Torino, Utet, 1968, vol.II;*
- M. Weber, L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, Firenze, Sansoni, 1977.*
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