È trascorso poco più di un decennio da quando alcuni sociologi contemporanei sostennero con convinzione la tesi secondo cui il progresso tecnologico e il succedersi delle diverse rivoluzioni industriali nel mondo occidentale avrebbero presto condotto alla fine del lavoro salariato nella sua forma tradizionale e alla liberazione di tempi di vita per attività culturali e di cura del prossimo. La stagione successiva ha effettivamente visto una radicale trasformazione del mondo del lavoro, ma certamente non nella direzione auspicata. Il processo di globalizzazione, le strategie di delocalizzazione della produzione, la crisi economica esplosa nel 2008 e tuttora in corso sono infatti tra le cause di una sempre maggiore flessibilizzazione dei rapporti di lavoro, la cui conseguenza maggiore è stata quella di una precarizzazione della vita degli individui, in particolare delle giovani generazioni. L’analisi del contesto economico, per quanto determinante, non è tuttavia sufficiente per comprendere la complessità e l’articolazione dell’attuale mondo del lavoro nei paesi europei. Occorre infatti considerare come, da un lato, la trasformazione del tessuto sociale – a seguito dei mutamenti demografici di lungo periodo e delle recenti migrazioni – abbia inciso profondamente sulla sostanziale omogeneità delle società tradizionali, introducendo nei luoghi di lavoro nuove tradizioni culturali e religiose, e di conseguenza richieda nuove forme e nuovi modelli di integrazione e confronto. Da un altro lato, l’irruzione delle nuove tecnologie ha determinato la strutturazione di nuove gerarchie sociali fondate sulla formazione culturale e sulla possibilità di accesso a risorse relazionali immateriali che riconfigurano la struttura sociale più in termini di ceto che di classe. Infine, l’intensificarsi del processo di erosione del portato simbolico del lavoro – originato dal prevalere delle logiche del consumo nella vita quotidiana – ha teso a indebolire, se non addirittura a spezzare, la funzione di riconoscimento identitario e sociale che ne aveva sino ad oggi costituito uno degli elementi fondamentali, riducendo il lavoro all’ambito della sussistenza materiale e demandando tale funzione ad altri contesti di appartenenza sociale, tra i quali anche quello religioso.
Con l’undicesima edizione del seminario di cultura europea "Le frontiere dell’Europa", il Centro Studi Religiosi si propone di proseguire e approfondire la riflessione sulle concezioni del lavoro nelle culture religiose avviata con il ciclo di lezioni svolto tra ottobre 2010 e gennaio 2011. Mentre nella prima parte dei lavori è stata condotta una discussione dei principali nodi teorici secondo una prospettiva storica di lungo periodo, nel presente seminario di cultura europea sarà dato maggiore spazio alle questioni aperte nelle società contemporanee. L’intento è quello di comprendere come proprio nel mondo del lavoro vengano a delinearsi, accanto alle questioni più strettamente economiche, alcuni tra i temi antropologici e sociali oggi più significativi, per esempio le questioni di identità, di genere e di appartenenza. Su questo piano le tradizioni religiose possono svolgere un ruolo importante nella costruzione di un contesto culturale aperto – o, al contrario, chiuso – al dialogo e al confronto, proprio a partire da temi quali il lavoro, per esempio rivalutandone l’agire e l’operare in vista del bene comune e non come mera produzione di ricchezza materiale. Oltre a quello dei contesti dettati dagli Stati nazionali (che mantengono sotto la propria esclusiva sovranità molte delle sfere delle politiche sociali), lo sfondo politico di riferimento è ovviamente rappresentato dall’Unione Europea, la quale si è significativamente espressa sulle questioni del lavoro favorendo lo sviluppo dei codici degli Stati membri e delineando il panorama globale delle questioni in gioco nella direzione del diritto anti-discriminatorio. Numerose sono infatti le direttive di rilievo – oltre ovviamente alla Carta dei diritti fondamentali – dedicate all’attuazione del principio della parità di trattamento fra le persone anche in materia di occupazione e di condizioni di lavoro che mirano a costruire un meccanismo di sussidiarietà tra più livelli di azione (comunitario, nazionale, locale) in cui anche le diverse espressioni religiose possano intervenire a ridefinire forme e modelli di integrazione in grado di dirimere gli eventuali conflitti tra i diritti (per esempio, tra libertà religiosa e diritto all’eguaglianza) anche sul terreno delle pratiche di lavoro.
Sullo stesso tema vedi anche il Ciclo di lezioni Lavoro. La creazione umana nelle culture religiose
Riepilogo
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