Tutte le religioni attraversano il tema della malattia ed elaborano valori, immagini, rituali di guarigione che costituiscono un patrimonio condiviso delle società e una risorsa individuale di fronte al dolore. Sciamani e sacerdoti, guaritori e medici sono nelle culture più diverse le figure chiave che sovrintendono al benessere della persona. Il ciclo del Centro Studi Religiosi si propone di indagare il nesso che connette culto e pratica medica, arte della guarigione e dimensione religiosa mettendo a fuoco alcuni dei principali snodi storici e teologici che nell’Occidente hanno segnato questo rapporto.
La relazione antichissima tra religione e medicina – attestata in tutte le lingue europee dalla comune radice etimologica delle parole “salute” e “salvezza” – sembra rinviare ad un sapere delle origini in cui salute corporale e spirituale – così come individuo e comunità – non sono concepiti come separati. Questo sapere “integrale” – che nella società senza scrittura costituisce l’arte sciamanica – si oscura poi gradualmente per fare posto a distinzioni successive e crescenti, pur restando disponibile non solo ai margini della società occidentale, ma nel cuore stesso della pratica terapeutica. La cultura occidentale tenderà infatti a separare la sfera della salvezza, spirituale e oltremondana, da quella della salute, relativa al corpo mortale, conducendo alla costruzione di distinti apparati di ‘gestione’- le Chiese, la Medicina – dotati di crescente e riconosciuta autonomia culturale e rituale.
In questo percorso, uno degli snodi più significativi è costituito dalla concezione vetero-testamentaria dove il dramma della malattia è interamente ricondotto entro il rapporto che lega Dio, il singolo, il gruppo: intesa come punizione per il peccato commesso, la malattia è segno della rottura tra Dio e l’uomo e comporta l’esclusione del malato, dell’impuro, dalla comunità dell’Alleanza. Da questo sfondo prende distacco e rilievo l’opera di Gesù che compie pubbliche e sistematiche guarigioni e che, come segno visibile della riconciliazione messianica, toglie il malato dall’isolamento, reintegrandolo nella nuova Alleanza. I miracoli di guarigione, inseparabili dall’annuncio della salvezza, accompagnano anche la storia della Chiesa, soprattutto attraverso la vita dei santi; il loro potere di intercessione, garanzia della possibilità di guarigione, incontra le attese di salute che la cultura popolare ha continuato a mescolare con antiche pratiche magico-sciamaniche e riti propiziatori. Di qui la cautela ecclesiastica e la ricerca di rigorose procedure di accertamento del miracolo – affidate prima al popolo, quindi al notaio e infine al medico stesso – che contribuiscono a fissare nell’Occidente moderno la mappa del rapporto tra la natura e ciò che sta fuori di essa, tra la dimensione psichica e spirituale e quella corporea, spostando sulla medicina le aspettative di ordinaria salute e consentendo, da un lato, il processo di spiritualizzazione e interiorizzazione della fede e, dall’altro, la medicalizzazione del corpo e della vita. E se l’affermarsi del dominio della tecnica ha permesso di circoscrivere l’ambito della malattia accrescendo il potere terapeutico della medicina, d’altro canto l’individualismo della concezione biomedica ha contribuito a isolare il malato da se stesso e dalla società, sottraendo visibilità e ‘cittadinanza’ al dolore e alla sofferenza.
La crisi del moderno ha comportato l’erosione di queste distinzioni e dell’antropologia dualistica che era loro sottesa; di qui l’emergere di forti domande di “spiritualità” rivolte alla medicina cosiddetta ‘tradizionale’ e di altrettanto forti domande terapeutiche rivolte alle religioni alle quali – dal Concilio Vaticano II fino alle più recenti “teologie terapeutiche” – si chiede una rinnovata attenzione al piano della salute. La valorizzazione del benessere integrale della persona in opposizione al ‘riduzionismo’ del modello bio-medico, il desiderio di ‘miracolo’ che di nuovo attinge alle fonti della credenza popolare, l’accento sul carattere sanante dei rituali comunitari che caratterizzano i nuovi movimenti religiosi appaiono altrettanti segni di crisi del moderno e di trasformazione dell’esperienza del sacro.
Riepilogo
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